Ok al ddl sul femminicidio: ergastolo per chi commette omicidi di donne per odio o discriminazione
Alla vigilia dell’8 marzo, il governo italiano ha adottato un disegno di legge che apporta modifiche significative nella lotta contro la violenza di genere. Tra le principali novità, emerge il riconoscimento del femminicidio come reato autonomo rispetto all’omicidio. Questo provvedimento è stato approvato durante una riunione del Consiglio dei Ministri e si inserisce in un pacchetto di misure destinate a rafforzare la protezione delle donne e delle vittime di violenza. La scelta di convocare la riunione simbolicamente prima della Giornata Internazionale della Donna sottolinea l’importanza dell’iniziativa.
Con l’introduzione del femminicidio come reato autonomo, il governo intende rispondere alla necessità di riconoscere chiaramente la violenza di genere come un fenomeno specifico e strutturale nella società. Il disegno di legge stabilisce che il femminicidio, inteso come omicidio di una donna, prevede l’ergastolo per chi uccide per motivi legati all’odio o alla discriminazione di genere, oppure per punire l’esercizio dei diritti e delle libertà della donna, come la volontà di separarsi o interrompere una relazione. In assenza di queste circostanze, si applicherà l’articolo 575 del codice penale, che prevede una pena non inferiore ai 21 anni di carcere. Pertanto, mentre in passato l’ergastolo era previsto solo in caso di aggravante, ora è il femminicidio stesso a costituire l’aggravante.
La ministra per le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha evidenziato che, “nonostante gli strumenti innovativi già adottati, il numero dei femminicidi non cala; ogni tre giorni una donna muore”. Questo dato mette in luce l’urgenza di misure più incisive.
Un altro aspetto fondamentale del disegno di legge riguarda il potenziamento delle misure cautelari per i colpevoli di violenza di genere. Tra le novità, si prevede l’obbligo di estendere il distanziamento a oltre 500 metri dalle vittime, comprendendo non solo le loro abitazioni, ma anche i luoghi che frequentano abitualmente. Inoltre, si intende migliorare la formazione dei magistrati per sensibilizzarli all’importanza di intervenire tempestivamente, prima che si verifichino reati. “In questa legge”, ha dichiarato Roccella, “ci sarà un’attenzione alla formazione dei magistrati, perché il problema è l’attenzione che le forze dell’ordine, la società e in particolare la magistratura danno alla violenza contro le donne; bisogna intervenire prima che accada il fattaccio, prima del femminicidio”.
Con il nuovo disegno di legge, i magistrati saranno obbligati a partecipare a corsi specifici organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, indipendentemente dalla loro appartenenza a gruppi o sezioni specializzate. Inoltre, il pubblico ministero avrà l’obbligo di audire le vittime di reati legati alla violenza di genere, ma solo su richiesta della vittima stessa. Nei casi di codice rosso, l’audizione della persona offesa non sarà più delegabile alla polizia giudiziaria. Questo meccanismo ha l’obiettivo di raccogliere testimonianze dirette da chi ha vissuto la violenza e garantire una maggiore partecipazione delle donne coinvolte nei procedimenti penali. Le procure, inoltre, dovranno ascoltare il parere delle vittime prima di decidere su eventuali richieste di patteggiamento per reati come stalking, maltrattamenti, violenza sessuale e revenge porn. La legge prevede anche misure più severe per la violenza domestica, come il potenziamento degli arresti domiciliari.
Un’altra misura significativa riguarda la decisione del governo di abolire il risarcimento fiscale per le famiglie delle vittime di violenza. Questa questione è emersa in seguito al caso di Giulia Galiotto, uccisa nel 2009 dal suo ex compagno. La famiglia di Giulia aveva denunciato che il Fisco aveva chiesto loro di pagare le imposte sul risarcimento che l’omicida avrebbe dovuto versare, ma che non avevano mai ricevuto. Il disegno di legge prevede quindi l’esclusione delle somme di risarcimento dal reddito imponibile, evitando che le vittime o i loro familiari debbano pagare tasse su denaro mai realmente incassato.