Quello che sappiamo con certezza è che cosa non avrebbero fatto. Per esempio, a fine febbraio, quando già si iniziava a parlare di emergenza assoluta, le Sardine tuonavano contro la “disinformazione” e l’allarmismo. Preoccupandosi non dei possibili morti italiani, ma degli asiatici che in Italia potevano subire delle discriminazioni, dei pregiudizi. Come il Pd, come il M5S, a cui dettava la linea.
“Il coordinamento delle 6000 sardine sottolinea come contro l’attuale disinformazione che sta dilagando nel web in queste ultime ore “l’unica mascherina utile è quella della cultura”. L’unica mascherina è quella della cultura, sostenevano il 23 febbraio scorso.
Le sardine annunciavano di voler agire contro ogni forma di “discriminazione” che viene fatta verso tutte quelle persone che hanno “tratti somatici asiatici”. Questo, ravvisano le sardine, “l’Italia non può permetterselo”. Il coronavirus, invece, sì.
Il flash mob delle Sardine
Intanto che i morti aumentano, cosa fa per dare una mano questo grande movimento popolare? Lancia un flashmob virtuale per raccogliere fondi per l’acquisto di ventilatori per la respirazione in terapia intensiva e sub-intensiva.
“L’iniziativa prevede una serie di sfide online: se il destinatario accetterà e porterà a termine il compito, chi l’ha proposta donerà una cifra dai 10 ai 100 euro alla campagna #maresolidale, partita in questi giorni”. Mattia Santori, in un video ha sfidato Pif a preparare, cucinare e mangiare un piatto di tortellini: “Se lo farà, donerò 100 euro”.
Intanto, da censori della disinformazione e dell’allarmismo, le Sardine sono diventate allarmiste. E attaccano il governo che non fa abbastanza. !Condividiamo lo sforzo delle nostre istituzioni, tuttavia ci sono alcuni punti che ci lasciano perplessi e sui quali non possiamo non porre una riflessione. Perché la stretta per contrastare il Coronavirus non è stata impressa anche nel settore industriale? Pur comprendendo le necessità di non fermare la produttività del Paese e di garantire la sicurezza di alcune tipologie di impianti, ci si chiede quali siano le misure atte a tutelare la salute degli operai e dei luoghi di lavoro nei quali operano”.
Ora sono preoccupate, le Sardine. E accusano gli altri di non esserlo abbastanza. Sarà anche questa un problema culturale o di coronavirus?