Yara Gambirasio, accolta la richiesta di Massimo Bossetti: “Arriva il terremoto”

Ancora una volta a distanza di anni si torna sulla vicenda di Yara Gambirasio, la bambina era scomparsa la sera del 26 novembre 2010, e purtroppo ritrovata morta il 26 febbraio 2011 nella zona di Brembate di Sopra. L'unica persona accusata È tuttora in carcere è Massimo Bossetti.

Adesso, dopo tre volte dall'apertura del processo, la Cassazione dà ragione ai legali di Massimo Bossetti, in carcere con l’accusa di aver ucciso la giovane Yara. Lo scorso 21 maggio infatti i giudici si sono espressi sul terzo ricorso presentato dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che riguarda la conoscenza di come siano stati conservati i reperti.

Con quella scelta di fatto avevano annullato il provvedimento con il quale il presidente della Corte d’assise orobica, Giovanni Petillo, aveva dichiarato inammissibile l’istanza. Si terrà così una nuova udienza davanti alla Corte d’assise di Bergamo. I primi due ricordi riguardavano l’inammissibilità di conoscere le modalità operative. “A questo punto speriamo che si faccia di tutto per accertare la verità e che non ci si accontenti di una verità confezionata”, spiega l’avvocato Salvagni a Fanpage.it.

Secondo il legale di Massimo Bossetti dunque “se questi reperti fossero stati mal conservati sarebbe un problema e si scatenerebbe un terremoto, terremoto che potrebbe esserci anche qualora noi riuscissimo ad analizzare queste prove perché siamo certi che l’esame del Dna restituirebbe una risposta diversa da quella data in passato, finché non ci viene detto ufficialmente che i reperti sono conservati in maniera corretta, è normale nutrire dei dubbi”.

Non solo, per gli avvocati di Massimo Bossetti si tratta di prove fondamentali, perché da quelle prove che la procura ha definito “scartini” e che provengono dai leggins e dagli slip di Yara “sono stati ricavati dei marcatori utilizzati per l’identificazione del Dna di Ignoto 1”. L’esame dei reperti in questione richiesto dagli avvocati è funzionale al progetto di presentare la richiesta di revisione della sentenza che ha condannato il muratore di Mapello all’ergastolo.

“Massimo Bossetti è consapevole che l’unico modo per dimostrare la propria innocenza è l’esame sui reperti e quindi l’esame del Dna, e si tratta di un esame che non è mai stato concesso”. Non ci resta che attendere, speriamo solo che ne valga la pena.