Rosa e Olindo forse il caso sarà riaperto

Ci viene quasi da piangere dalla gioia. Questa assoluzione con formula piena mi conforta. Mi fa sperare che si possa andare avanti nella ricerca della verità sulla morte di mia moglie Raffaella, di mio figlio Youssef e delle altre vittime della strage di Erba”. Lo ha detto Azouz Marzouk, il tunisino che nella mattanza avvenuta l’11 dicembre 2006, perse tutta la sua famiglia.

Ha parlato all’indomani della sentenza della settima sezione del Tribunale di Milano che lo ha assolto con formula piena dall’accusa di calunnia nei confronti di Rosa Bazzi e Olindo Romano, i coniugi condannati all’ergastolo per quella strage.

La Procura milanese, infatti, lo aveva mandato a processo perché in diverse occasioni e persino in televisione aveva espresso le sue perplessità nei confronti della colpevolezza di Rosa e Olindo sostenendo che i due si erano auto calunniati, accusandosi della terribile strage, che in realtà non avevano commesso. Come sappiamo, i due confessarono e la loro confessione è agli atti e Azouz Marzouk sostenendo che mentirono, di fatto li avrebbe calunniati.

Ha continuato il tunisino: «Sono certo che non sono stati loro, non avrebbero mai potuto compiere quella strage. Io credo che le confessioni rese siano false e che la verità vada cercata: se potessi, vorrei parlare direttamente con Olindo e Rosa. Guardandoli negli occhi capirei se non sono loro gli assassini di mia moglie, di mio figlio e di mia suocera».

Azouz Marzouk oggi vive tra la Tunisia e Lecco dove ha una seconda moglie italiana e tre bambini. Crede fermamente che i due ex vicini siano innocenti. Racconta: «Non li ho mai potuti sopportare, è vero, li avevo anche accusati perché avevo problemi con la legge allora e avevo paura di non tornare libero.

Ma quando ho letto gli atti e ricostruito tutto, ho maturato la certezza che loro non hanno compiuto quella strage». Con questa assoluzione, comunque, il giudice che motiverà la sua decisione tra 90 giorni, ribadisce che il dubbio di Azouz su quella sentenza di condanna è legittimo. Ma questo che cosa potrebbe comportare? Potrebbe forse riaprirsi il procedimento per la strage?

I giudici che in tre gradi di giudizio hanno mandato all’ergastolo la coppia Romano hanno sbagliato? Ha spiegato Solange Marchignoli, che insieme a Luca D’Auria difende Azouz Marzouk: «Non so se questa sentenza possa voler dire tutto questo, ma so di certo che il mio cliente non ha calunniato nessuno, perché quei dubbi erano più che leciti e che quindi la strada verso la ricerca della verità, quella che il mio assistito sta percorrendo da tempo, oggi è forse spianata».

Ma a lavorare su un progetto di richiesta di revisione del processo sulla strage di Erba sono prima di tutto i legali di Olindo Romano e Rosa Baz- zi. Lui è detenuto nel carcere di Opera dove presta servizio in cucina. Lei è in cella a Bollate dove si occupa delle pulizie. Parola ora a Fabio Schembri, il legale della coppia: «Il processo per calunnia ad Azouz era assurdo sin dall’inizio, tanto è vero che noi non ci siamo costituiti parte civile.

Ovvio che l’assoluzione di Azouz non apre ai coniugi Romano le porte del carcere, ma è una carta in più da giocare nella richiesta a cui stiamo lavorando. Azouz non era l’unico a dubitare che le dinamiche della strage non fossero quelle raccontate da Olindo Romano e Rosa Bazzi. Gli stessi investigatori inizialmente avrebbero anche considerato una pista alternativa, ma poi si fermarono». Ricostruiamo ora cosa accadde quella maledetta sera.

È l’11 dicembre 2006. Sono le 20.30. In una corte ristrutturata in via Diaz, a Erba, scatta l’allarme per un incendio. I primi a intervenire sono alcuni residenti, che sul pianerottolo dell’appartamento in fiamme trovano un uomo ferito, Mario Frigerio. È grave, ma vivo: si salverà dopo essere rimasto a lungo tra la vita e la morte. Una volta spente le fiamme, i vigili del fuoco trovano tre cadaveri: nell’appartamento al secondo piano della corte ci sono i corpi di Raffaella Castagna, 30 anni, di sua mamma, Paola Galli, 60, e del piccolo Youssef, di soli due anni. Nell’appartamento al piano superiore vicino ad una tenda che presenta schizzi di sangue, c’è la quarta vittima, Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio. Sui cadaveri il medico legale conta 36 coltellate e una decina di sprangate in testa.