Federico Quaranta racconta i tesori nascosti italiani

La maggior parte delle trasmissioni televisive si svolge in studio, al calduccio d’inverno e al fresco d’estate, con camerini dove cambiarsi e truccarsi e divani su cui sprofondare quando sei stanco. Quindi il massimo imprevisto che potrebbe accadere all’intrepido giornalista che ne fa il backstage è quello di bere un cattivo caffè alla macchinetta o inciampare nei cavi delle telecamere.

Se però capiti al seguito di Federico Quaranta, una via di mezzo tra un presentatore Tv e Indiana Jones, allora gli imprevisti sono ben altri, tipo attraversare (quattro volte, di cui una di notte) un ponte traballante posto a 140 metri di altezza, inerpicarsi su per una montagna nel freddo di una giornata di novembre, farsi largo tra un gregge di capre. Succede quando segui il dietro le quinte de Il Provinciale (ogni sabato alle 14 su Raidue), la trasmissione giunta alla sua seconda edizione che viaggia da Nord a Sud in Italia, nella nostra bella provincia, dal Piave a Enna, dal Salento alle Langhe. «Andiamo alla ricerca di storie, tradizioni, eccellenze locali, nella convinzione che spesso la saggezza popolare del territorio è modernissima e piena di lezioni da (re) imparare», spiega Quaranta.

Le immagini che vedete in queste pagine sono relative alla puntata che andrà in onda sabato 11 dicembre e raccontano le bellezze della Valtellina, tra cui il Ponte del Cielo di Tartano, il ponte tibetano più alto d’Europa con i suoi 140 metri da terra e i 234 di lunghezza, costruito tre anni fa da un consorzio creato dagli abitanti della zona, in completa armonia con il paesaggio. L’opera è diventata un’attrazione turistica (attraversarlo costa 5 euro) grazie al bellissimo ed emozionante panorama che regala, oltre ad aver permesso alla popolazione di riappropriarsi di un pezzo di montagna che fino a poco tempo prima restava difficile da raggiungere. «Siamo venuti in Valtellina sulle orme di una mitologica creatura locale dei boschi, il leggendario “uomo selvatico”», racconta Federico mentre passeggiamo sul ponte traballante, con il vento freddo che ci taglia la faccia e i 140 metri di strapiombo sotto di noi che ci guardano. «Si diceva che fosse il guardiano della montagna.

Il suo motto era: “Sarò buono con chi tratta bene la natura, farò paura a chi la maltratta”. Insomma, da sempre la saggezza popolare dice che con la natura bisogna avere un rapporto di completa armonia: ne facciamo parte e, se la danneggiamo, creiamo un danno anche noi stessi. Quanto è moderno e attuale questo messaggio? E di storie così, di tradizioni virtuose che possono essere rivissute in chiave moderna e redditizia, ne è piena la nostra provincia. Basta guardarsi intorno, chiedere, scoprire. Ed è quello che vogliamo fare con il nostro programma», spiega Quaranta. «Sempre in Valtellina abbiamo visitato l’azienda agricola di un signore che alleva centinaia di galline libere in un bosco. Le sue uova sono più care delle altre, ma hanno una qualità incredibile e sono apprezzatissime dagli chef stellati.

Questo imprenditore ha creato ricchezza per sé e la sua famiglia, rispettando la natura e rispolverando una vecchia tradizione cioè quella di far razzolare libere le galline». Così parlando, arriviamo alla fine del ponte e ci imbattiamo in un gregge di capre: Federico non ci pensa due volte a dare una mano al pastore a tenerle insieme. «Mio nonno faceva l’agricoltore e ho passato tutte le mie estati a lavorare duramente nei campi», dice. «Sono stato educato a rispettare la terra. Non ho paura del letame. Pensa che letame viene da letus, che vuol dire fertile, ma che ha la stessa radice della parola letizia. Perché se tu sei fertile, allora sei anche aperto, disponibile, felice...

A volte le parole ci spiegano molte più cose di quel che pensiamo». È arrivato il momento di inerpicarci: dobbiamo raggiungere una baita in cui ci aspettano Renato Bertolini, il presidente del consorzio che ha costruito il ponte, e un montanaro che racconterà a Federico la storia del famoso “uomo selvatico”. Mentre camminiamo, il sole tramonta e la valle piomba nell’oscurità. La temperatura diventa vicina allo zero: ecco perché l’intera troupe, dal tecnico del suono alla regista, è vestita con abbigliamento tecnico da alta montagna! Quaranta, invece, indossa solo una giacchetta a quadri che sottolinea la sua prestanza fisica.

In quanto mezzo presentatore e mezzo Indiana Jones, non sente il freddo. Ti rendi conto, Federico, che hai uno stuolo molto folto di ammiratrici? «Mi vien da ridere quando mi dicono che sono un sex symbol», dice lui. «Comunque ci tengo a dire che sono innamoratissimo della mia bambina (Petra, 3 anni, ndr) e della mia compagna». La quale, per inciso, si chiama Giorgia Iannone de Sousa, è una bellezza mezza sarda e mezza angolana di 31 anni, 22 in meno di lui. «Ma l’età ormai non conta, io non mi sento adulto. Dentro conservo quello spirito fanciullesco che mi porta a essere curioso, a provare a superare i miei limiti con cuore e coraggio. Perché solo seguendo il cuore e dando spazio ai sentimenti, si riescono a vincere le proprie paure». E a proposito di coraggio: ce ne vuole un po’ per scendere dalla montagna a notte fonda camminando sui ciottoli scivolosi, illuminati solo dalla torcia del cellulare. E ce ne vuole molto di più per camminare sul ponte traballante al buio, con le luci tremolanti della pianura sullo sfondo e sotto di noi lo strapiombo nero. Ma lo facciamo. E alla fine siamo felici.