Drupi, il cantante è tornato con una cover di “White Christmas”

Molti giovani forse neanche conoscono il suo nome, ma Drupi è ancora un grandissimo della musica italiana e un alfiere della stessa nel mondo. Se è vero che si parla tanto dei Maneskin, infatti, be’, Drupi da decenni fa numeri decisamente più grandi della giovane band romana.

I suoi concerti in Europa dell’Est, infatti, riscuotono un successo clamoroso e, per dire, in Polonia uno dei suoi show ha superato per pubblico perfino quello di Elton John, a Praga si è esibito nella famosa Piazza dell’Orologio dove fino a quel momento avevano suonato dal vivo solo i Rolling Stones e all’attivo ha più di 10 milioni di dischi venduti in carriera.

Dischi venduti, non visualizzazioni sui social. Nato nell’agosto del 1947, vero nome Giampiero Anelli, Drupi ha debuttato con l’etichetta Ariston Records e il suo primo quarantacinque giri fu come cantante del gruppo Le Calamite. Nei primi anni ‘70 passa con la Ricordi e assume il nome d’arte di Drupi. Nel 1973 arriva il suo primo Festival di Sanremo con “Vado via”, un pezzo di Luigi Albertelli e Enrico Riccardi.

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Il brano non ottenne il successo sperato tanto che lui, deluso, arrivò addirittura a pensare di abbandonare la musica. Il flop di Sanremo, fortunatamente per Drupi, non corrispose con le vendite del brano che in Francia e nel nostro Paese furono più che lusinghiere. Seguirono poi altre due hit, “Piccola e Fragile” e “Due” pezzo quest’ultimo con il quale nel ‘75 vince anche il Festivalbar. Nell’’82 al Festival di Sanremo arriva terzo con “Soli”.

Due anni più tardi incide “Regalami un sorriso” e successivamente partecipa a diverse edizioni sanremesi. Importante per l’interprete fu quella del ‘95 alla quale si presentò con “Voglio una donna” prodotto da Toto Cutugno.

Insomma, una carriera al massimo e quindi chi meglio di lui può raccontare la musica di oggi? Secondo Drupi il modo di proporla oggi è cambiato con i talent che all’inizio lo incuriosivano ma poi ha presto cambiato idea. «All’inizio mi piacevano - ha detto a “ventonuovo.eu” - adesso penso tutto il peggio possibile perché illudono i ragazzi, evitano di far nascere personaggi nuovi perché l’anno dopo quelli su cui avevano puntato tutto li buttano già via; ogni tanto ne arriva un altro...

È una corsa al massacro. Bloccano anche alcuni che sono bravi e che avrebbero tanto da dire. Adesso non ti danno la possibilità e purtroppo hanno loro il mercato economico». Drupi rimpiange i tempi in cui forse c’era meno tecnica ma più attenzione alle canzoni e ai messaggi che si inviavano: «la discografia non c’è più, nessuno coccola e promuove i talenti veri. Tanto che se io dico Marco Mengoni tutti sanno chi è, ma è rimasta una sua canzone nella memoria della gente? E se dico Giusy Ferreri, che reputo bravissima? È uguale.

Se nomino Cocciante, di titoli la gente ne cita al volo cinque o sei», ha spiegato a “L’Avvenire”. E poi c’è il Covid che ha rallentato la sua attività live e che lui teme tantissimo: «A me basterebbe che questo schifoso, lurido virus sparisse, sarebbe un regalo, e se non dovesse succedere spero almeno che quelli che non fanno il vaccino si convincessero a farlo. - ha detto a “Quel che resta del giorno” su RaiNews24 - Sarebbe un bel regalo perché ci permetterebbe di continuare a fare musica, a fare il nostro lavoro, mi sono già state stoppate delle date, capodanno a Varsavia, in Germania mi è stata fermata una mini tournée di due/tre date».

A proposito dei Maneskin e della loro polemica con i Cugini di Campagna secondo cui la band romana vincitrice di Sanremo e dell’Eurofestival copierebbe i loro abiti, a “Uno Mattina” è stato netto: «Di questa roba qua non me ne frega davvero nulla. Io guardo alla sostanza: per esempio, da ragazzino vedevo i Beatles che avevano vestiti stranissimi, ma in loro c’era tanta polpa. Qua, in questo caso, non ho ancora avuto modo di seguire bene tutto…». Magari ora i giovani lo riscopriranno con il nuovo brano “White Christmas”, una sua cover dello storico successo natalizio.

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