Perché Terence Hill ha lasciato Don Matteo

Spettacolo e Tv

Con Matteo resta sempre uguale, anche se Don Matteo, il personaggio interpretato da Terence Hill, non c’è più: una perfetta macchina produttiva oliata da 22 anni di successi che può permettersi di continuare a girare gli episodi della nuova stagione quasi a ridosso della messa in onda, prevista per il 31 marzo, sempre su Rai 1.

Raggiungiamo Raoul Bova in una pausa delle riprese, che si svolgono sempre a Spoleto: «Pochi giorni fa ho girato una scena del primo incontro tra don Massimo e il suo vescovo interpretato da Giancarlo Magalli, una delle novità del cast di questa stagione. Lui gli dice: “Ti aspettavo prima….”.

Il vescovo diventerà per don Massimo il punto di riferimento nei suoi frequenti momenti di crisi». Come ampiamente annunciato, Terence Hill, dopo 13 stagioni ha deciso di salutare il personaggio che gli ha regalato una seconda vita artistica dopo i trionfi in coppia con Bud Spencer e quindi, dopo qualche episodio, passerà il testimone a un nuovo parroco, don Massimo, interpretato appunto da Raoul Bova.

Su come avverrà questa “staffetta”, l’attore è però abbottonatissimo e quando proviamo a chiedergli qualcosa di più si trincera in una serie di «non so se questa cosa posso dirvela». Sappiamo solo che di punto in bianco don Matteo scomparirà e il suo posto sarà preso da don Massimo che, all’inizio, non sarà ben accolto dal paese. Tutti, a partire dal maresciallo Cecchini (Nino Frassica), vogliono sapere chi è e soprattutto che fine ha fatto il loro adorato parroco. «Posso dire che dietro la scomparsa di don Matteo non c’è nulla di drammatico », rivela Raoul. «È stato chiamato per un’importante missione e ha scelto don Massimo per sostituirlo, che è un sacerdote al suo primo incarico.

La vocazione in lui è maturata dopo un evento tragico. È un prete contadino, più a suoi agio tra gli ulivi che tra le le mura della canonica. È sempre stato un uomo solitario e quindi all’inizio fa un po’ fatica a relazionarsi con gli altri. Con don Matteo condivide il pallino per l’investigazione, ma ancor più di lui è attratto dal mondo giovanile. In questa serie si affronteranno temi come il bullismo e la dipendenza dalle droghe.

Comunque, il misterioso passato di don Massimo un po’ alla volta verrà fuori». Una differenza che salta agli occhi dalle foto di scena è che mentre don Matteo si muoveva in bici, don Massimo è in sella a una moto di grossa cilindrata. «Sì, don Massimo è un uomo molto dinamico che arriva da un mondo in cui l’azione è molto importante. Per quanto mi riguarda, non è stato un problema: ho girato così tanti film d’azione…». Non senti il peso di dover raccogliere l’eredità di un personaggio così amato come don Matteo? «Lo sentirei se avessi dovuto prendere il posto del “personaggio” don Matteo. Ma io interpreto don Massimo, che è molto diverso da lui e questo mi evita qualunque confronto con quanto ha fatto Terence.

Ho vissuto quest’opportunità come una specie di “chiamata” arrivata in un momento particolare della mia vita: avevo appena compiuto 50 anni e mi chiedevo cosa mancasse alla mia carriera per poter esprimere davvero me stesso. Cercavo un ruolo che potesse donare sorrisi e allo stesso toccare temi profondi, e quando la produzione della Lux Vide mi ha cercato ho capito che era l’occasione giusta».

Terence Hill ti ha dato la sua “benedizione”? «Io sono cresciuto con i film di Terence Hill e Bud Spencer. Per me è un mito e volevo assolutamente incontrarlo. Quando è successo, abbiamo parlato e ci siamo guardati a lungo negli occhi: è stato un momento molto bello. Terence ha deciso di fermarsi un po’, a 82 anni ha tutto il diritto di prendersi del tempo in più da dedicare a se stesso e alla sua famiglia. Ma nei suoi occhi ho visto quanto tenga a don Matteo e quanto sia felice che ci sia qualcuno che porti avanti i valori che questo personaggio ha incarnato in tutti questi anni. Perché, al di là delle differenze tra don Matteo e don Massimo, questa serie resta un prodotto che, attraverso storie ben scritte, riesce a unire leggerezza e profondità.

Ogni volta che finisci di vedere un episodio vai a dormire sereno e appagato. In questi tempi così tribolati, credo che ci sia la necessità di mostrare comunità, come quella in cui operano don Matteo e don Massimo, che sanno ancora esprimere valori come l’ascolto, il perdono, il desiderio di spiritualità. È una serie che dà speranza, soprattutto per i giovani che ne hanno tanto bisogno». A Spoleto Terence Hill è diventato un’istituzione. Come ti hanno accolto gli abitanti? «Proprio perché sapevo che arrivavo dopo una persona così amata, mi sono presentato come don Massimo, in punta di piedi, e dall’altra parte ho trovato tanto calore e affetto».

Per prepararti, hai consultato qualche vero prete? «Sì, ho partecipato a piccoli ritiri spirituali che mi sono serviti soprattutto per capire come vive un parroco. Ho interpretato san Francesco, ma paradossalmente è stato molto più difficile entrare nei panni di don Massimo, perché è una persona comune, con le sue fragilità, che affronta ogni giorno piccoli e grandi problemi e deve sapere relazionarsi con tutti, dal bambino alla vecchietta». Accennavi prima ai tuoi cinquant’anni. Come li hai vissuti? «È certamente un traguardo importante. Non sei più un ragazzino, ma hai ancora l’energia per fare tante cose. Il brutto periodo che speriamo di lasciarci presto alle spalle mi ha insegnato che ogni giorno vale come un anno. Ogni mattina mi alzo, mi faccio il segno della Croce e ringrazio Dio perché sto bene e posso fare il lavoro che amo, mentre per tante altre persone non è così». È vero che da bambino hai incontrato Giovanni Paolo II? «Sì, avevo 8 anni e con la mia classe partecipammo a un incontro con le scuole nell’Aula Nervi in Vaticano.

Io ero dietro la transenna, lui si fermò, mi pose una mano sulla testa e mi diede un buffetto sulla guancia. Chissà, forse quel giorno con me fece un miracolo perché fino ad allora ero la peste della scuola, le maestre erano disperate. E invece dopo quell’incontro diventai molto più calmo». Sei padre di quattro figli. Li hai portati sul set? Ti hanno chiesto com’è fare il prete? «No, sul set non li ho portati per ragioni di sicurezza. Però le bambine tutte le sere prima di andare a dormire fanno le preghiere perché vanno a scuola dalle suore. Non hanno bisogno di vedere don Massimo per capire cosa fa un sacerdote. Ma mi hanno visto in foto e sono comunque molto curiose di seguirmi in Tv».

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