Felipe VI rinnega il padre e lo lascia con le pezze

Risconosci tuo padre, se tuo padre disonora la corona. Deve essere stato questo l’adagio risuonato nella mente di Felipe VI quando ha dato alle stampe il comunicato più duro che la monarchia spagnola ricordi. “Don Juan Carlos è a conoscenza della decisione del re di rinunciare all’eredità paterna, nonché a qualsiasi attività, investimento o struttura finanziaria la cui origine o finalità potrebbe non essere conforme a legalità e ai criteri di rettitudine che regolano l’attività della corona”.

E c’è un altro passaggio di rilievo: “Il re emerito cessa di ricevere la dotazione stabilita da sua maestà il re”. Dunque non riceverà più i 194.232 euro l’anno del suo appannaggio. Che Juan Carlos di Borbone abbia messo più volte in imbarazzo il trono iberico è cosa nota. Tutti ricordano le fotografie che lo ritraevano durante i costosissimi safari in Botswana - era il 2012 - mentre il suo popolo affrontava una rovinosa crisi economica e creditizia.

Lo scandalo, che ebbe l’effetto di dar prova anche della sua libertina vita amorosa, visto che era con l’amante, fu tale da obbligarlo, due anni più più tardi, all’abdicazione. Da quel momento Felipe, coadiuvato dall’implacabile Letizia, ha messo in moto un costante giro di vite sulle condotte dei familiari. Al padre è stato imposto di evitare il più possibile la scena pubblica. E alla sorella Cristina, maritata all’altrettanto imbarazzante Iñaki Urdangarin, condannato per aver distratto fondi pubblici destinati a eventi benefici sportivi, ha tolto persino il titolo: niente più ducato di Palma. Ma certi scandali sono destinati a venire alla luce con molti anni di ritardo.

È il caso di quest’ultima vicenda, messa nero su bianco dal quotidiano El Pais che ha svelato un’inchiesta giudiziaria aperta in Svizzera sulle movimentazioni finanziarie di due ricchissime fondazioni riconducibili a Juan Carlos di cui abbiamo parlato la scorsa settimana. La prima si chiama Lucum, è stata creata a Panama nel 2008 - oggi non esiste più- e aveva una dotazione complessiva di 100 milioni di euro, depositati su un conto della banca privata svizzera Mirabaud. Questa montagna di denaro arrivava dal ministero delle Finanze dell’Arabia Saudita, giustificata, si legge negli atti, come “un dono senza contropartita”.

Un super regalo, insomma, destinato a Juan Carlos dall’allora re arabo Abdullah, morto nel 2015. Tanta generosità ha destato i sospetti delle autorità dell’anticorruzione che hanno vagliato l’ipotesi di una maxi tangente per la realizzazione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra Medina e La Mecca, appalto del valore di oltre 6 miliardi di euro affidato ad alcune imprese spagnole. L’insinuazione è stata instillata negli inquirenti dalla principessa Corinna zu Sayn-Wittgenstein, amante di Juan Carlos, presenza fissa nei suddetti safari africani. Alla nobildonna sarebbero stati trasferiti su un conto alle Bahamas circa 65 di quei 100 milioni, dei quali formalmente il beneficiario risulta essere il minore dei suoi figli, oggi diciottenne.

Denari giustificati come «un regalo». La principessa, che vive tra Monaco e Londra, ha deciso di parlare dopo aver ricevuto pressioni e incursioni da parte, dice lei, di alcuni dirigenti dei servizi segreti spagnoli, che miravano a convincerla a non far parola delle piroette finanziarie di Juan Carlos. L’altra fondazione al centro dello scandalo si chiama Zagatka ed è nata in Liechtenstein nel 2003 su iniziativa di Álvaro de Orleans, 73 anni, un lontano cugino di Juan Carlos. Zagatka ha in pancia fondi per 10 milioni e risulta aver finanziato alcuni lussi all’ex sovrano, come decine di voli privati.

Niente di strano per l’Orleans, discendente dalla casa reale francese, che con El Pais ha così giustificato quei favori: «Ho creato la fondazione per seguire la tradizione di mio padre e mio nonno che hanno sempre sostenuto le monarchie europee. La casa di Borbone ha avuto un ruolo fondamentale nella democratizzazione della Spagna». Insomma, l’intento sarebbe stato meramente filantropico. Certo, molti dubbi sulla provenienza dei fondi restano e incidono sulla sopravvivenza stessa della corna spagnola. Entrambe le fondazioni, infatti, recano il nome di Felipe tra i beneficiari, subito dopo quello di Juan Carlos. Il re, nel suo comunicato, sostiene di non aver mai sottoscritto alcun documento che lo nominasse destinatario di favori o prebende. Dalla Zarzuela raccontano di un Felipe furioso, ancora una volta obbligato a smarcarsi dall’ingombrante figura paterna.